Come si ottiene il vino passito?
Le uve Greco bianco e Mantonico hanno una storia millenaria che risale all’antica Grecia.
Tra i miti greci che descrivono l’uso e il consumo del vino e la storia archeologica, sappiamo di trovarci di fronte a varietà “vecchie” tremila anni.
O meglio, avere nel bicchiere varietà ricche di tremila anni di storia.
Ventisette secoli fa, i colonizzatori greci sbarcano a Capo Bruzzano e si insediano nel territorio compreso tra le attuali Brancaleone e Locri. Certo, non erano gli unici insediamenti greci in Calabria – anzi! Secondo le ricostruzioni del Professor Sculli, nell’odierna Reggio Calabria arrivarono gli ateniesi, mentre nel “nostro” territorio bianchese gli spartani.
In ogni caso, le varietà Greco bianco e Mantonico sbarcarono sulle coste joniche calabresi e, una volta piantate, trovarono un terreno fertile, generoso, perfetto per prosperare. E’ così che sono diventati uve autoctone, perfette per rappresentare il meglio della Calabria.
Ma come si fa il vino passito?
Una prima indicazione l’abbiamo da Esiodo, poeta greco antico:
“Quando Orione e Sirio saranno giunti nel mezzo del cielo, ed Aurora dalle rosee dita avvisterà Arturo, cogli allora tutti i grappoli, o Perse, e portali in casa; per dieci giorni e per dieci notti esponili al sole, per cinque mettili all’ombra, e al sesto conserva nei vasi i doni del felice Dioniso”.
E il resto è storia. Oggi, una volta vendemmiate le uve, si stendono a passire al sole, sui cannizzi, per una decina di giorni – proprio come indicato tremila anni fa da Esiodo. una volta che le uve sono passite, si procede alla vinificazione.
Il procedimento è lo stesso sia per il Greco di Bianco che per il Mantonico.
Il primo, il Greco, è un passito caldo, color giallo dorato, dal profumo raro con note di miele, ma mai stucchevole.
Il Mantonico invece è intenso e persistente, gallo ambrato dai riflessi ramati, morbido.